Noi parliamo tanto di GDPR.
Tentiamo di avvertire le aziende italiane, come anche tutti i cittadini, riguardo al pericolo per la privacy delle persone al giorno d’oggi.
Pochi ascoltano, e se lo fanno sono spesso poco interessati.
Nessuno è pronto a sacrificare i social network o altri privilegi del digitale per proteggere i propri dati.
È giusto, d’altronde basta poter fare una scelta informata.
Poi però leggi notizie che farebbero tremare anche il più Facebook aficionado che conosci.
Lo scandalo, ormai tweet del giorno, riguarda l’agenzia londinese Cambridge Analytica, che si occupa di raccolta dati per la profilazione psicologica degli utenti e Facebook, che ha subito un crollo in borsa come mai prima d’ora (si parla di 5 miliardi di dollari).
Da una parte una grande banca dati che, sfruttando i social media, immagazzina informazioni successivamente smerciate al migliore offerente, dall’altra qualcuno che quei dati li vuole disperatamente comprare.
Non stupisce più di tanto, d’altronde è così che stanno le cose: il digital marketing funziona proprio grazie a questo tipo di informazioni.
È quasi affascinante…
Eh sì, lo è davvero.
Pensate a questi strumenti che vi conoscono meglio di voi stessi: sanno chi siete, chi sono i vostri amici, cosa vi piace e cosa no. Conoscono i vostri parenti e i vostri compagni, sanno quando stanno per compiere gli anni e possono suggerirvi come farli felici.
Conoscono alla perfezione la psiche di questi utenti che potremmo definire “consapevolmente ignari” (sanno, ma neanche troppo).
Dove sta il problema?
Tutto ciò non si ferma al settore marketing.
Sono state vinte delle elezioni in America grazie a questo sistema.
È stato influenzato un voto importantissimo in Inghilterra (vedi #brexit).
In Francia correnti estremiste hanno avuto avanzate poderose.
In Italia il risultato più vicino alla vittoria è stato raggiunto così.
Insomma, la forza dei dati comincia a farsi sentire, non è vero?
Qual è la loro forza?
Il sapere.
Sapere cosa non piace al popolo, da cosa è infastidito e tantissimo altro.
Sapere significa guidare e manipolare.
Puoi creare notizie ad hoc (stiamo guardando voi, fake news) che fanno inferocire sempre di più gli utenti, in modo da influenzare il loro voto alle urne.
Ma aspetta, qual è il collegamento?
Cambridge Analytica ha preso i propri dati tramite Facebook, più precisamente attraverso un’applicazione chiamata thisisyourdigitallife.
Questa “simpatica” applicazione raccoglieva i dati degli utenti che vi accedevano con quiz specifici. Inoltre la furbetta richiedeva anche il permesso per accedere a dati estremamente personali.
Fin qui, tutto nella norma: Facebook permetteva questo tipo di raccolta (anche se probabilmente non avrebbe dovuto) ma non ne permetteva la cessione a terzi.
Ebbene, questi dati venivano comunque ceduti al migliore offerente, in questo caso proprio la ormai infamous Cambridge Analytica.
(Pare non sia l’unico quiz che ragiona secondo questi termini, ma è quello al centro dello scandalo).
Questo interscambio è adesso sotto inchiesta, Facebook ha vietato cessioni a terzi di dati raccolti nel login del suo social network (prima la questione era alquanto spinosa, Facebook avvertiva gli utenti che, in caso di cancellazione del profilo FB, i dati raccolti e dati a terzi non erano automaticamente cancellati).
Gli attori dello scandalo
Chris Wylie: la “talpa”
Grazie alle sue rivelazioni al Washington Post è scoppiato lo scandalo. Secondo le sue parole, i dati raccolti da Facebook vengono usati per manipolare i
risultati politici.
Mark Zuckerberg: un genio in declino
È ormai da tempo (potremmo mettere la vittoria alle elezioni americane di Trump come punto di riferimento) che Facebook ha dei problemi con la propria reputazione.
Ora gli si chiede di spiegare, di fronte al Parlamento inglese ed a quello europeo, il perché di queste transazioni.
Steve Bannon: lo stratega manipolatore
Negli skit del Saturday Night Live, Bannon veniva rappresentato come la morte, con falce e casacca nera.
L’ormai ex consigliere di Trump, quello dietro le decisioni più controverse (il muro tra USA e Messico tra le tante).
Secondo la talpa, lui è dietro l’operazione di analisi dei dati acquistati che ha portato poi a vincere la campagna elettorale.
Trump: il presidente dei tuoi incubi
Il suo nome non viene quasi citato, poiché lo scandalo lo vede coinvolto indirettamente probabilmente. Ma il presidente degli Stati Uniti viene sommerso di scandali un giorno sì e tutti gli altri anche.
Inondato dalla polemica, Trump dice che i cittadini americani hanno diritto alla privacy.
Alexander Nix: la mente Analytica
Il CEO di Cambridge Analytica ormai sospeso a causa dello scandalo. Secondo la talpa, eseguiva alla lettera gli ordini di Bannon.
Robert Mercer: il “più intelligente nella stanza”
Proprietario del gruppo Strategic Communication Laboratories (Scl) a cui appartiene Cambridge Analytica. Secondo la talpa, lui è la mente dietro all’operazione.
Tutti noi: le vittime
Perché bisogna guardare oltre allo scandalo e pensare agli utenti di questi social, che la maggior parte delle volte non realizzano cosa vuol dire anche solo effettuare un login in. I social network fanno parte integrante della società moderna, come minimo dobbiamo pretendere migliore protezione dei dati (e qui citiamo nuovamente il GDPR, che almeno in Europa porrà limiti ben precisi e rigidi).
Siamo solo vittime? No.
Se continuiamo ad utilizzare questi strumenti in maniera errata, siamo anche un pochino complici.
Insomma, la questione è spinosa
Facebook ha avuto un ennesimo crollo in borsa, in un periodo in cui il social network più usato non aveva proprio bisogno di ulteriori scandali.
Le persone però, forse, hanno qualche informazione in più per decidere se vale la pena o meno “svendere” la propria privacy per così poco.
Una cosa è sicura: noi utenti dovremmo dare la stessa importanza che questi soggetti danno ai nostri dati.
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